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Masturbazione femminile. Oltre i tabù

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Di Francesca Svanera

Sono cresciuta negli anni ’90 pensando che il massimo dell’aspirazione di una ragazza fosse apparire a “Non è la RAI” e credendo che quel programma rappresentasse la liberazione dei corpi e della sessualità per eccellenza, un’emancipazione da quel mondo così castrante che ci voleva tutte caste e pure.

Io e molte amiche che venivano da contesti familiari patriarcali finalmente trovavamo una dimensione in cui poter mostrare il nostro lato “ribelle” senza sentirci fuori luogo.
Purtroppo fummo risvegliate ben presto dalla consapevolezza che tutto quello non era emancipazione, a una strumentalizzazione di quell’idea di emancipazione per cui si è tanto lottato. Una mera oggettificazione.

Tutt* ci dicevano che potevamo essere donne nuove, senza veli e senza tabù sessuali. Ma la verità era che se vivevi
in un piccolo paesino di provincia venivi additata come quella “facilina”, se mostravi l’ombelico e se avevi più di un partner sessuale eri sicuramente una “poco di buono”.

Ero ancora vergine quando i media mi dicevano “spogliati dei veli, sii audace!” ma dall’altro lato la società in cui vivevo chiedeva una vergine da sposare e ingravidare. Me ne resi conto perché pareva a tutti che il mio vestiario succinto “inducesse” al pensiero collettivo che chiunque parlasse con me a fine serata sicuramente mi avrebbe portata a letto.

Ricordo che nella mia stanza cercavo di capire come funzionava il mio corpo con sempre un enorme senso di colpa, tanto che dopo essermi toccata recitavo il rosario per poter essere perdonata dal Dio che pregavo così assiduamente. Non capivo ancora cosa era il sesso per me stessa e figuriamoci che potevo capirne del sesso fatto con gli altri, ma per tutti, vista la mia peccaminosa apertura, ero come una grande esperta (e col senno di poi, ricordati gli abusi sessuali subiti durante l’infanzia, effettivamente una certa esperienza ce l’avevo!).

Nessun adulto ci parlava di sessualità e tutte le nostre informazioni arrivavano da “Cioè”, mitico giornaletto che tra una notizia su Madonna ed una su Jovanotti ci spiegava come baciare con la lingua o l’importanza di utilizzare preservativo per difenderci da quel nuovo male violento  chiamato AIDS (non parlavano di HIV), eppure nemmeno in quelle pagine veniva spiegato a noi giovinastre cosa fosse la masturbazione femminile. Restava una leggenda che tutte sperimentavamo di nascosto sotto la doccia o nelle nostre camerette.

Sono cresciuta credendo che provocarsi piacere fosse peccato per noi donne ed una liberazione dovuta e concessa per gli uomini. Solo crescendo ho compreso che è una cosa fisiologica e naturale e soprattutto, come diceva un mio caro amico, “è lì, è gratis, dà piacere, perché non farlo?”.

Nel diventare mamma di una femmina ho cominciato a capire che non volevo far provare a lei le mie stesse paure e frustrazioni nel provocarsi piacere, così cominciai (come faccio sempre quando ho un dilemma educativo da comprendere) a parlarne con altre madri.

Fu una sorpresa constatare che molte della mia generazione non erano riuscite a superare le difficoltà che avevamo incontrato ed era infatti ancora per tutte noi un grosso tabù parlare di masturbazione. Da quasi tutte ho ricevuto
una frase tipo “come ci siamo arrangiate noi, possono farlo loro”, cosa che mi lasciava ancora più dubbiosa.

Cosa significa non parlare con le nostre figlie di masturbazione? Vuol dire che stiamo insegnando loro ad obbedire ad un sistema che ci vuole vergini e senza libido, significa educarle a reprimere un lato importante della loro sessualità, diventa il non acconsentire alla legittimità del piacere sessuale di una donna. Non sono spiccioli.
Mi sono anche chiesta cosa possa fare per aiutare le giovani donne a sovvertire questo conflitto imposto da queste leggi morali maschiliste e retrograde, e sinceramente non ho una risposta.

Cerco a tentoni di barcamenarmi in qualche cosa di distante dall’educativa sessuale che ho trovato all’interno della comunità in cui vivo, parlo con le ragazze  senza pudore e al contempo senza malizia perché in fondo si tratta davvero di una semplice questione fisiologica di cui potremmo non avere paura; nessuna entità divina verrà a punire il nostro “male”, provare piacere fa bene, fare sesso o l’amore con noi stesse ci radica in noi stess* e ci restituisce l’energia ancestrale rubataci da un sistema di clausura forzata.
Posso solo concludere consigliandomi, sì anche a me stessa!, di comperare dei sextoys e regalarli alle generazioni di piccole donne future. Male non fanno.


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